domenica 10 dicembre 2017

UNA NOTTE CON SOLANGE


Venire disturbati mentre si dorme, talvolta, può anche non essere un disturbo.
Esattamente questo è il caso, col mio riposo interrotto da una voce mai sentita prima.


Addormentatomi con in cuffia una playlist di Erykah Badu, nel lasso di quella che poi ho compreso essere circa una mezz'ora ho ripreso coscienza su dei vocalizzi che della Badu non potevano essere.
Soliti sconosciuti che fanno gli intrusi in playlist altrui, ho pensato. Ma che bomba.
Il minuto successivo è stato speso sul dilemma "Snobbo e mi riaddormento, o mi ripiglio e scopro chi è il fenomeno?". L'ancora vivo spirito da Streebeat ha fatto il resto, ed eccomi dunque a riavviare il pezzo 2, 3, 4, 5 volte. Eccezionale, senza dubbio l'ascolto più interessante dopo la botta presa con Anderson .Paak un annetto fa.

Me la immagino, questa tale Solange, venire fuori da qualche bassofondo giocandosi il tutto per tutto con un pezzo eccelso intrufolato appositamente in una playlist di nomi noti dell'R&B. Mossa da disperati ma qui più che lecita, mi ripeto ad ogni passaggio.
Poi noto che sul display non c'è un'immagine statica, ma un video. Ne guardo pochi secondi a occhi semichiusi e capisco che allora è roba grossa. Già grossa. La ragazza sta già spaccando, l'ascesa dal bassofondo è già in corso.
E via che mi guardo tutto il video, ad occhi completamente aperti, fantasticando su come il talento possa portare fuori dal ghetto una cantante dotatissima dal nome un po' così.
 

Poi mi cade l'occhio sul nome del suo canale Youtube. E scopro che di cognome fa Knowles. Me l'ero persa.
La fiaba di rivalsa mi si smonta. La bellezza della canzone rimane.
Ma avrebbe fatto lo stesso senza Beyoncé davanti, il clan Knowles dietro e tutto il corollario attorno?
Sul dilemma ci sto da una decina di giorni, con Cranes In The Sky nelle orecchie una moltitudine di volte al giorno. Non succedeva da Anderson .Paak, appunto. Ma qui, se da un lato la qualità non si discute, il retrogusto è industriale, da talent factory. Da "Daddy money, escalator no ladder money" per dirla con J.Cole. Specie quando fra i crediti della produzione spicca un pilastro come Raphael Saadiq, a cui di sicuro non ha accesso né il primo che capita, né il primo talento che capita.

Quel che più spero è che un lavoro del genere sia il nuovo metro di paragone per cantanti, producer e videomaker. Nel mainstream per dirottare sulla qualità chi potrebbe darla ma la rifugge per timori d'introito; nell'underground per ispirare chi davvero vuole partorire arte prima che intrattenimento.
Perché qui c'è tutto: qualità, immagine e ritorno. C'è solo che piove sul bagnato, e allora tutto è un po' più fattibile.

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