domenica 24 maggio 2015

INNOVAZIONE VERA, INNOVAZIONE PRESUNTA

Cosa decreta l'innovazione? Che essa esista o che qualcuno ne parli?
Questa è la domanda che mi sorge dopo aver letto questo articolo di Alessandro Madron su Il Fatto Quotidiano. Bertallot che fa streaming da casa sua nel 2015 rappresenta davvero qualcosa di innovativo? Io dico no, e ne porto le prove.

E' troppo comodo fare questo giornalismo, narrando solo di quanto succede ai piani alti, fra gli alti nomi. Dov'è la ricerca? Esiste ancora? Ben diverso sarebbe scendere nei meandri, di cui vi porto testimonianza.
Correva l'anno 2005 e con l'inizio della terza stagione di Streetbeat, io e i miei compagni d'avventura prendevamo un programma da una radio di paese e lo portavamo alla nazione. Se in FM facevamo a stento 5 chilometri, bastava da quel momento una buona connessione per sentirci da ovunque. Ovunque.
Tutta l'Italia del rap se ne accorse. Nel giro di breve diventammo il salotto dell'hip-hop italiano. Cominciammo ad arrivare prima dei professionisti, più in là dei professionisti. Pure quando la nostra radio chiuse e, per l'appunto, ci trasferimmo nella cantina di uno di noi.

Il giorno dell'intervista a Masta Ace fummo accolti con abbracci e strette di mano da un manipolo di appassionati fuori da un noto locale milanese. Quando poi inanellammo quelle a personaggi come Redman e Guru diventammo un'istituzione. E quando per presentare le proprie novità parecchi nomi dell'underground italiano presero consuetudine di passare da noi prima che da altre più blasonate (e ricche) realtà, qualcuno di quelle addirittura perse la poltrona.
Si passò ad avere ascoltatori anche dall'estero, a ricevere materiale anche dall'estero. E no, non Vaticano e San Marino. Guardavamo le statistiche e contavamo almeno una dozzina di bandiere nei 5 continenti; guardavamo i pacchi postali e le e-mail e sapevamo che negli USA difficilmente ci sarebbe mancato con chi dividere una cena. Ci sparavamo a nostre spese trasferte in Europa ed eravamo in ogni backstage che contasse.
"A nostre spese", esatto. Come tutto, del resto. E mentre i Dilated Peoples ci riconoscevano a vista dato quanto ci si incrociava nei loro tour, la radiofonia italiana ci rispondeva ciclicamente picche, così come anche ogni tribuna giornalistica mainstream. Tutti increduli, tutti senza fiducia verso un gruppetto di anonimi giovani balzato fuori dal nulla.
E nel nulla finimmo.

La colpa di ciò non è nostra, ma di un sistema che si occupa solo ed esclusivamente dei nomi. E qui torniamo sul punto: caro Madron, caro Bertallot, ma quale innovazione?
Magari "alternativa", quello sì. Che è già più che qualcosa, e buon lavoro e in bocca al lupo a tutti. Ma per piacere, diamo alle cose il loro nome.

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