giovedì 2 febbraio 2017

E POI, ALL'IMPROVVISO, UCCIDERE


Avete mai ucciso qualcuno? Io no.
Conoscete qualcuno che abbia ucciso, invece? Io sì.
Zero battute.


Ci ho passato quasi un anno gomito a gomito.
Eravamo a Londra, entrambi per una svolta. Lui oltremodo gentile, oltremodo cristiano, oltremodo lento nel comprendere in certi attimi. Oltremodo assente in altri.

 Io con tanti pensieri e poca voglia di sobbarcarmi patemi altrui. Dovere di sopravvivenza.

Avevo già intuìto, anzi: l'avevo dato per scontato. Facendomelo stare ancora più sui nervi in certi momenti, tipo quelli dove sprizzava entusiasmo per le armi, quelli in cui si vantava di parlare un po' d'arabo, o tipo quelli dove s'inceppava mentre facevamo delle presentazioni.
E pensare che i primi giorni eravamo partiti bene, per quanto mi suonasse strana la sua presenza in quel luogo. Un americano in UK, un giovane padre di famiglia che di colpo si rimette a studiare. Che storia è?

Ex membro dell'esercito, a 31 anni ritiratosi dopo varie missioni e 3 guerre. Guerre di quelle grosse, la prima a 17 anni.
Dettagli venuti a galla piano piano, assieme al suo essere fervente cristiano, per giunta mormone, nonché orgoglioso padre, felice marito e quant'altro. Dettagli per me inconiugabili, incoerenti al limite del bipolarismo. Statunitensi, in una parola. Per l'appunto.
"The white man came to Africa with rifles and bibles" mi venne in mente a più riprese. 

E lui mi stava in gola, anche se a corrente alternata. 
Fu una costante, quest'ondeggiare fra rancore e compassione.

Una sera di dicembre, durante una cena di compleanno, i suoi racconti da "venerato veterano" -che suscitavano in me un fastidio di cui s'accorse- vennero ghiacciati da quella che avrebbe voluto essere la domanda-ciliegina di chi bramava resoconti:
- "E...hai mai ammazzato qualcuno?!". Silenzio al tavolo, cambia l'atmosfera. Io incredulo.
- "E' capitato". Nell'imbarazzo della sconvenienza, ma ancor di più nel dolore che si ripalesa fuori programma.

PTSD: post-traumatic stress disorder. Rilessi tutti i suoi malfunzionamenti in quest'ottica. Non che fosse la prima volta, ma fu quella definitiva.
Gli vidi camuffare il disagio in maniera goffa di fronte al dessert di una festa andata di traverso, e gli diedi una mano. Feci in modo che il discorso cambiasse, sviasse fulmineo, mentre giuravo a me stesso di non farmi mai ridurre così da un governo, mentre mi decidevo a concedergli per sempre più compassione che rancore.
Perché poche cose ti schiaffeggiano peggio di un'ovvietà che ti si para di fronte. E fu la sera che capì quant'è vero, che la guerra non fa vincitori.

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